Antonella Cilento Il sole non bagna NapoliTorna in libreria Antonella Cilento — scrittrice, collaboratrice di “la Repubblica - Napoli”, direttrice de Lalineascritta e coordinatrice del master di editoria e di scrittura del Sud Italia SEMA — con un nuovo libro dedicato alla sua città: Napoli.

Il sole non bagna Napoliedito da Bottega Errante Edizioni e disponibile dal 10 aprile, è un reportage narrativo sulla città più raccontata e chiacchierata al mondo.

Antonella Cilento in Il sole non bagna Napoli entra nelle ombre di una città dove tanto il sole quanto il mare sono apparenze esterneNapoli, attraversata dal centro alle periferie e lungo i suoi innumerevoli strati temporali, riappare da parole di scrittrici e scrittori, da Felix Hartlaub a Fabrizia Ramondino, da E.T.A. Hoffmann a Eduardo De Filippo, da Giuseppe Montesano ad Anna Maria Ortese e molti altri. Mappe, decumani, specchi, giardini pensili, pavimenti, maghe, picari e madonne ricompongono un puzzle vivente di una creatura, forse femmina, molto antica, sfuggente e notturna: è fatta di carta, è solo immaginaria?

Napoli è una città che sorprende e cattura, non si presta a descrizioni esclusivamente orizzontali o verticali, ma piuttosto a narrazioni concave e convesse.  Per la scrittrice Antonella Cilento si possono fare molti attraversamenti: «andare da un punto a un altro in orizzontale o dal mare alla collina, da un museo a una chiesa, percorrere i decumani che tagliano il centro antico, scendere nel sottosuolo e percorrerlo. La città si può guardare dall’alto, si può guardare dal mare, si può guardare dal basso e dall’interno: ma la verità è che la città, spesso definita verticale (e porosa da Walter Benjamin), è in realtà una città composta di strati discontinui, di improvvise aperture, di salti indietro, di precipizi, di voli. Davvero appartiene alle geometrie escheriane, decisamente non euclidee. Non è difficile che le rette parallele a Napoli si incontrino, sia nell’architettura, sia nel tempo che scorre in modo inatteso. Dal sottosuolo alle nuvole tutte le epoche sono ammucchiate per strati: niente è stato raso al suolo, tutto è stato inglobato, nessuno è davvero mai completamente scomparso.  Ogni strato ne incontra altri, si mescola e si compromette: e questo continua ad accadere anche nelle persone, nelle loro vite, nelle abitudini quotidiane».

 

Mercoledì 17 aprile la prima presentazione del libro a Napoli, con Giuseppe Montesano, alle 17 presso Feltrinelli Librerie, Piazza dei Martiri. 

La narrazione in Il sole non bagna Napoli è scandita da alcune parole che ritornano: occhi, balconi, ossa, guerra. Antonella Cilento ci spiega perché: «gli occhi hanno una lunga tradizione nel Mediterraneo: sono simulacro di protezione (l’occhio di vetro azzurro che ancora si acquista come gadget in Grecia e che si dipingeva sulle prue delle navi antiche) ma sono anche tramite di maledizioni: la jettatura è l’occhio gettato, lo sguardo che proietta l’evento negativo a danno di qualcuno. Quando ho iniziato a scrivere Il sole non bagna Napoli avevo appena avuto un distacco di retina prontamente operato: non poter vedere più la sfera perfetta del cielo e del mare e tutte le imperfezioni della città è stata una sorpresa. E così tutti gli occhi, quelli di vetro osservati da Sartre nel suo viaggio a Napoli, quelli delle madonne, quelli narrati in letteratura sono diventati subito un tema che si lega alla grande presenza delle ossa nell’immaginario della nostra città (dal celebre Cimitero delle Fontanelle alle numerose catacombe, dalle terre sante nelle chiese alle sepolture ospedaliere, Napoli è una città costruita sulle ossa) e a tutti i balconi che la città ospita, da quelli antichi, come l’affaccio del Quarto del Priore dalla Certosa di San Martino ai balconi proliferati su Posillipo con l’abusivismo edilizio del dopoguerra. E quindi anche la guerra, che è in fondo una delle anime di Napoli, dove tutto è conflitto, i segni della seconda guerra mondiale sono ancora visibili, le guerre di camorra sono l’ultima frontiera in una città conquistata, governata, colonizzata da sempre. Occhi, balconi, ossa, guerra sono alcune delle tracce che narrano, quindi, una Napoli meno ovvia, meno oleografica, non fissata dai media».

Non è la prima volta che Antonella Cilento dedica un libro alla sua città e, come ci racconta, «in quasi tre decenni di libri Napoli è stata il fondale o la causa di quasi tutti i miei romanzi e la protagonista di alcuni libri dedicati alla sua storia, alla sua immagine, al suo corpo narrabile, raccontabile. Ho narrato Napoli attraverso i quattro elementi, sotto forma di bestiario, esplorando le deformazioni del suo mondo culturale, descrivendo i suoi confini, ad esempio la Foresta di Cuma. Il sole non bagna Napoli è fra tutti questi il libro più atipicopoiché raccoglie suggestioni che riguardano i bordi della città, più che il suo centro più visibile o famoso, benché Napoli sfugga sempre ad una descrizione totale: il terzo decumano del centro antico, l’Anticaglia, è per esempio oscurato rispetto a via dei Tribunali e a via san Biagio dei Librai. Oppure: tutti conoscono lo sky line della città, il suo lungomare ma pochi visitano il molo di Bagnoli. Lunghe file precedono l’ingresso di Cappella Sansevero ma quasi nessuno conosce la storia di Nisida. Quanti visitano il Museo Nitsch o gli ipogei ellenistici e quanti vanno al MANN, al Museo Archeologico Nazionale? Da sempre, mi pare di osservare e vedere e cercare quel che agli occhi dei più sfugge, pur essendo esposto giorno e notte. Il titolo del libro, omaggio a Il mare non bagna Napoli di Anna Maria Ortese, nasce anche da altre suggestioni, un fantomatico libro che narra un tragitto per percorrere Napoli senza restare mai al sole tramandato da numerosi scrittori e studiosi: tuttavia, davvero questa città della luce e del sole in realtà dal sole è poco bagnata, non solo per l’oscurità dei suoi vicoli ma perché mai guardata con completezza, nella sua straordinaria complessità, ma solo per luoghi comuni, tòpoi, favolette e favolacce… »

L'omaggio ad Anna Maria Ortese ci ricorda anche che Napoli è stata una città che ha avuto tante voci nella letteratura, spesso voci femminili, come ci spiega Antonella Cilento: «le voci femminili sono particolarmente autorevoli a Napoli, a partire dalla fine dell’Ottocento con Matilde Serao, e sono spesso voci che hanno anche un impegno diretto di natura sociale, oltre che culturale: penso all’impegno di editrice e giornalista di Serao, davvero imponente e impressionante rispetto alla sua epoca, una frontiera di livello mondiale rispetto al lavoro femminile e anche al mondo intellettuale, ma anche all’impegno politico e sociale di Fabrizia Ramondino, come giornalista, attivista, operatrice sul territorio con l’Associazione Risveglio Napoli, la Mensa Bambini Proletari.

Anche Ortese ebbe un suo peso specifico poiché il capitolo dei Granili ne Il mare non bagna Napoli portò alla demolizione di questo luogo di inquietante povertà della Napoli post-bellica. A mia volta, restando a Napoli trent’anni fa, ho segnato un destino fondando una delle più antiche scuole di scrittura d’Italia, Lalineascritta, da cui provengono molte nuove voci, anche femminili, della nostra editoria e letteratura, lavorando sia nelle realtà scolastiche più periferiche e abbandonate, sia in città, sia fondando un master, SEMA, che è una porta per il lavoro editoriale aperta per la prima volta a Napoli in una visione formativa nazionale. Napoli è femmina, senza dubbio. Nel senso più antico e pericoloso e creativo del termine, dunque che abbondino le scrittrici in questo libro è naturale: sono le mie antenate, sono da sempre i miei riferimenti di scrittura, specie Ortese, che a dieci anni ha segnato il mio destino di narratrice, e Ramondino».

 

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