La recensione di Generoso Picone del nuovo romanzo di Antonella Cilento, La babilonese (Bompiani), su Il Mattino del 25 settembre 2024. Questo l'inizio:

 «Chi può sapere quante volte siamo stati qui, in questo sogno dove tutti abitiamo?». La chiave d'accesso a “La babilonese”, il nuovo romanzo di Antonella Cilento è nelle pieghe dell'interrogativo insinuante, sfuggente e presago che nelle sale del British Museum, in un inverno nevoso della Londra dell'anno rivoluzionario 1848, monsieur Jacobi modula sul verso shakesperiano rivolgendosi a Henry Layard. Davanti, l'astuto levantino Christòs Annibale Jacobi De Ulloa ha una tavoletta appena emersa dagli scavi di Ninive e densa di segni cuneiformi da decrittare e tradurre, trasferire al presente. Layard, il grande archeologo scopritore dei resti della città assira che Curzio Malaparte in La pelle avrebbe appaiato a Napoli nell'essere simile a un mondo impenetrabile da ogni ragione cartesiana, è come in trance: avvolto dalla visione di sè nel prolo di Assubanipal, il re di Ninive che fece decapitare Avhiram, il giovane ebreo dagli occhi color lapislazzulo diventato amante della moglie regina Libbali e per completare la vendetta ordinò di giustiziare anche le glie da lei avute. Libbali riuscì a scappare grazie a una bambina munita di una lucerna, Yeohudith. L'immagine è ora riportata dai vasi recuperati negli scavi e rimanda alla scena osservata qualche giorno prima, una donna e una piccola con in mano una ammella scalze nella neve in volo sulla scalinata. «Chi può sapere quante volte siamo stati qui, in questo sogno dove tutti abitiamo?» .....

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